Cos’è un attacco di panico?
È un episodio di ansia acuta e improvvisa, che si manifesta con sintomi quali tremore, dolore o fastidio al petto, sudorazione, sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, di sbandamento, di instabilità, di svenimento, tachicardia, paura di morire, sensazioni di torpore o di formicolio, paura di impazzire o di perdere il controllo, nausea o disturbi addominali, sensazioni di irrealtà, di stranezza, di distacco dall’ambiente, vampate o brividi. In genere le crisi di panico non durano più di 10 minuti.
Ciò che caratterizza il disturbo da attacchi di panico (DAP) è la presenza di ripetuti attacchi di panico percepiti come inaspettati e non causati da una particolare situazione. Un attacco di panico, ad esempio, può insorgere “a ciel sereno” durante le più banali attività quotidiane, come guidare o fare la spesa. Tra un episodio e l’altro, il soggetto ha paura che possa ripetersi un altro attacco, per cui spesso mette in atto una serie di evitamenti, ad es. non utilizzare mezzi pubblici e non allontanarsi da casa, per il timore che possa ripetersi un altro episodio di panico. Il disturbo sembra essere più comune nelle donne rispetto agli uomini e colpisce tra l’1 e il 2% della popolazione. Tuttavia singoli attacchi di panico sono più comuni.
Come si cura?
La letteratura scientifica ha ripetutamente dimostrato l’efficacia della terapia cognitivo-comportamentale per il DAP.
In alcuni casi, associare alla psicoterapia cognitivo-comportamentale una terapia farmacologica (benzodiazepine o antidepressivi di ultima generazione, spesso in associazione) permette di ottenere risultati migliori. Tuttavia i farmaci agiscono soltanto sui sintomi ansiogeni e per loro natura non intervengono sulle cause del disturbo, per cui il solo trattamento farmacologico difficilmente risulterà risolutivo.
Un percorso ben fatto di terapia cognitiva avrà un duplice scopo:
- rendere più controllabile l’attacco di panico, lavorando sui circoli viziosi che lo alimentano e sui comportamenti disfunzionali messi in atto per far fronte al disturbo. Uno dei meccanismi base del DAP, infatti, è la paura della paura, ovvero il timore dei propri segnali corporei che indicano la presenza di una minaccia;
- rendere il disturbo più comprensibile agli occhi della persona, inserendolo all’interno del suo contesto relazionale ed emotivo. In questo modo il disturbo diverrà gradualmente meno “estraneo” e acquisirà un significato per la persona, la quale acquisirà maggiore consapevolezza del suo modo di vivere determinate emozioni e vissuti.
È importante consultare uno specialista al più presto, in quanto il cronicizzarsi del disturbo rende più difficoltoso l’intervento terapeutico.